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I blocchi psicosomatici collettivi

I blocchi psicosomatici collettivi - Mindfulness Sardegna

Maria è una donna di 42 anni che ha compreso soltanto negli ultimi mesi di non aver mai vissuto veramente. Mauro è un uomo di 35, non comprende cosa non vada bene nelle sue relazioni con l’altro sesso, in cui esclude l’amore e chiude il cuore. Lucia ha quasi 70 anni, non si arrende, cerca di capire come funziona la politica attuale perché è convinta di poter migliorare la situazione della sua città, anche se questo la espone a pensieri continui e dolorosi mal di testa. Francesco è un adolescente, da poco maggiorenne, che soffre di stitichezza cronica, insicurezza, ansia, ma che non si accorge di non respirare profondamente nella pancia. Tutti e quattro soffrono delle conseguenze dei blocchi psicosomatici collettivi, ma non sanno cosa siano e come possono essere aiutati.

Cos’è il blocco psicosomatico collettivo

All’interno dell’approccio della Psicosomatica Olistica PNEI o Neuropsicosomatica (clicca qui per approfondire) spiccano alcuni elementi fondanti la visione dell’essere umano e il contesto psicosomatico sociale in cui è inserito. Fra questi c’è il costrutto di blocco psicosomatico collettivo, che ci permette di comprendere come la società di inscrive dentro il corpo di un uomo, bloccandone le potenzialità evolutive.

Essi sono condizionamenti comuni ad un’intera popolazione che agiscono sulla modificazione e la distorsione dello sviluppo spontaneo del Sé psicosomatico e delle sue funzioni. Ogni società ha sue modalità di distorsione, che considera “normali”, giustifica e promuove, modificando lo sviluppo spontaneo dell’essere umano, della sua personalità, del suo ego, del suo Sé e quindi anche della sua spiritualità naturale. Proprio perché considerati normativi i blocchi psicosomatici collettivi non vengono riconosciuti come tali e le persone senza questi blocchi tendono ad essere emarginate.

L’impoverimento dell’essere

L’esperienza maturata dal Villaggio Globale e dall’Istituto di Neuropsicosomatica considera come principale il blocco del Sé, di cui parleremo più a fondo in un prossimo post. Qui vale la pena ricordare che il blocco del Sé riduce la possibilità per la persona di sentire e quindi sapere chi è e cosa è nel presente, inibendo quindi la possibilità di sviluppare una consapevolezza piena di se stessi e quindi della mindfulness.

A questo riguardo, nella nostra società l’elemento più importante è il pensiero dualistico che ha diviso la mente, la coscienza e l’anima dal corpo e dalla materia, generando frammentazione e divisione nell’uomo e nelle sue relazioni. Se mi relaziono con un figlio e la percepisco solo attraverso la mia mente, avendo escluso dalla mia esperienza il sentire corporeo, ne verrà fuori una comprensione parziale e distorta. Se mi arrabbio con un amico e lo considero solo un pezzo di materia, si produrrà una disumanizzazione dell’altro.

La divisione ha permesso di orientarsi verso lo studio degli elementi empirici dell’esperienza, ma ha anche generato una cultura meccanicista, tecnologizzata, inaridita spiritualmente. Si è prodotta una scienza che fino ad ora non è stata capace di riconoscere la coscienza, l’anima, il Sé. Ha promosso delle istituzioni e dei modi di vivere fatti di relazioni umane forzate, poco rispettose, orientate alla competizione.

Per comprendere il grave impatto sociale dei blocchi collettivi ricordiamo che la grande maggioranza delle persone:

  • non ha una percezione psicosomatica unitaria del proprio corpo, non si sente come una unità ma si percepisce fatto da diverse parti distinte e spesso in conflitto, ad esempio percepisce la mente divisa dal corpo;
  • considera normali le percezioni frammentate del proprio corpo e della propria mente; non sente più in modo reale le zone bloccate (tese, dolorati, insensibili ecc.) o le emozioni rimosse o i pensieri negati;
  • considera normale non provare più piacere, non percependo più il piacere delle naturali percezioni, delle emozioni e dello svolgere attività quotidiane;
  • vive “nella testa” senza rendersene conto, pensa invece di sentire e vivere pienamente.

Questi blocchi sono profondi e molto protetti, in quanto sostenuti dalla maggioranza della società: liberarsi da un blocco collettivo significa vincere un tabù e questo può essere fatto solo ritrovando la propria identità e la propria forza ad essa collegata, la propria autonomia di azione, pensiero e coscienza.

Promuovere il superamento

Vivendo immersi in essi fin dal concepimento, essi diventano molto profondi e strutturati nella persona, creando alterazioni nella circolazione energetica globale, per esempio modificando il modo in cui percepiamo la fame, il nostro corpo, il modo in cui opera la nostra mente. La maggior parte delle persone, per esempio, considera normale non provare piacere nelle attività quotidiane, relazionarsi agli altri solo per i propri scopi egoistici, si percepisce diviso dell’ambiente, e quindi ne abusa.

Cosa possiamo fare per migliorare la nostra salute psicosomatica e consapevolezza? Come possiamo liberare le nostre energie, la nostra evoluzione, per armonizzare la nostra personalità e quindi sviluppare una spiritualità naturale? Iniziare a considerare che la coscienza si sviluppa insieme alla materia e da qui partire per comprendere a fondo i blocchi e quindi lavorare per scioglierli. Nel prossimo post parleremo del blocco centrale del sé.

Aprrofondimenti:

Nitamo Federico Montecucco, (2010), Psicosomatica Olistica, ed. Mediterranee, Roma.

 

Gianluca Ostuni
Gianluca Ostuni
Psicologo, Insegnante MBSR qualificato presso il Center for Mindfulness UMass (fondato da Jon Kabat-Zinn), Insegnante di Mindfulness Psicosomatica.

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